martedì 8 marzo 2011

Il Buon Uomo (estratto)

E’ il giorno del sorriso.
Così i tabelloni luminosi alimentati a batterie solari ripetono instancabilmente fin dalle prime ore del mattino. Sono posti sugli edifici in costruzione che affiancano la bicirotaia da ambo i lati in un filare continuo, e su tutti accampa il volto pieno e soddisfatto del Buon Uomo che celebra la decima ricorrenza annuale della Parificazione, voluta e ottenuta dal suo Buon Governo e passata alla storia come il secondo editto di Milano, in memoria di quello di segno opposto che l’imperatore Costantino I aveva promulgato nel 313 d.c.
Per l’occasione in testa indossa il saturno cinto da un cordone verde-oro da arcivescovo. E’ un vezzo che gli viene perdonato, quello del cappello. Dicono ne abbia centoventisette e tutti di foggia diversa. Ne ha per tutte le occasioni e ricorrenze: stile Napoleone, da grande Gatsby, il panama, la feluca, il cilindro, la paglietta, la bombetta, il colbacco, l’elmetto, il borsalino, da pompiere, da generale, il saturno, il galero, il sombrero, da giocatore di baseball, la bandana, il turbante, il fez.
Tutti gli abitanti della Città si stanno dirigendo verso il Duomo dove Padre Herrera terrà il discorso per ricordare a tutti l’importanza della Parificazione tra politica e religione, tra Stato e Chiesa, tra Governo della Città e Diocesi.
La bicirotaia è un filare continuo di mezzi privati e pubblici, tutti stracolmi di cittadini sorridenti e pedalanti, incuranti delle previsioni meteorologiche che promettono tempesta di sabbia e nebbia calda per tutta la giornata.

lunedì 7 marzo 2011

Le Cacatombe

Intanto Colabrodo e Yuri procedono al ritmo blando della bicirotaia tenendo la testa china sul manubrio per proteggersi gli occhi dal gelido vento azzurro che soffia da nord.  Le microscopiche schegge di ghiaccio picchiettano sui giubbotti neri dei due: il primo, che si è fasciato la testa con una benda rossa, pedala a vuoto seduto sulla sua bici e il secondo sonnecchia. Già da molto lontano si stagliano le sagome delle due torri storte chiamate le Cacatombe.
Con quel semplice ed efficace anagramma sono chiamati i due monoliti neri inclinati di cinque gradi rispetto al suolo. Spuntate in mezzo al nulla nei primi anni dieci come molti altri mostri architettonici di quegli anni folli, quando gli architetti costruivano palazzi storti e mostruosi in tutta la città, erano state edificate come albergo per la zona fieristica ma poi abbandonate per una trentina d’anni dopo il fallimento dell’Expo del 2015 e la successiva abolizione di tutte le fiere. In tutti quegli anni erano state la testimonianza obliqua di quel periodo anomalo in cui tutto era sembrato possibile nel nome del moderno e del nuovo che in breve si era trasformato in vecchio, cadente e storto, appunto, come quei due obbrobri neri penduli. Per lunghi anni erano state poi il ricovero abusivo delle schiere di barboni senza lavoro che si erano infittite sempre più negli anni della grande depressione del ventinove che aveva colpito prima il buco nero dell’energia mondiale, il gigante dai piedi d’argilla degli allora Stati Uniti d’America, e poi via via tutti i suoi satelliti economici. Il nome pittoresco derivava dal fatto che i piani alti delle due torri nere si erano trasformate in lunghi filari di nidi di piccione, sfuggiti dal centro della Città per non essere mangiati e che cagando lasciavano i loro escrementi biancastri lungo la dolce inclinazione delle torri.
Il Buon Governo le aveva poi fatte ripulire e sterilizzare per riadattarle a obitorio della Città. Gli uccelli però, indifferenti al nuovo clima politico sterile, vi avevano rifatto i loro nidi e ripreso a utilizzare la superficie lucida dei due palazzi come cacatoi. Le Cacatombe, le tombe del vecchio progresso, sporcate dalla merda del presente.

martedì 8 febbraio 2011

Vera Pelle è il sequel di Tramonto Falck

La vecchia Milano con tutti i suoi satelliti che le ronzano intorno, la grande Milano con il suo immenso hinterland omologato da un’urbanistica stradale che via via si mangia quello che trova sul cammino, la Milano provincia che esonda, avanza come un tumore che avvelena gli organi delle altre città fino a inglobarle nella sua metastasi extraterritoriale. La Città degli Insubri, che rinnova i fasti del Ducato di Milano dei Visconti e che si estende a macchia d’olio fino a coprire in un continuo di strade e palazzi gli antichi centri abitati di Monza, Gallarate, Como, Lecco, Varese, Novara, Vigevano, Pavia, Lodi e Trezzo sull’Adda.
Qui tutto ha inizio nel 2048.